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A Vucca’i summ

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“A Vucca’i summ” e “Summacastello”


Non sappiamo perché la chiamano così. Comunque, il dialettale “vucca” vuole dire bocca, apertura di un pozzo, di una fossa, di un forno. E “summa” ? Sommità, altura ? In quei pressi, ritornando verso Albidona, tra i canali della Forestacaccia e di Piano Senise (che si congiungono al canale Frangiardi, verso la fiumara Saraceno), è incuneata l’amena campagna leggermente pianeggiante dei “Rizièri” e “Cardòne” e viene chiamata “Somacastello” o “Summacastello”, ma nemmeno questa è un’altura. Avranno, ambedue, un’etimologia greca, e anche lì ci potrebbe essere qualche antico sito archeologico.

E’ una buca che dicono profondissima, scavata in mezzo alla roccia, al centro del “Canale del forno” che scorre verso la sottostante fiumara Saraceno, tra il “Mancone dello scalzo” e il “Giòro”.

Qui passava la via che da Albidona, Recolla, Fontana pietra, Giòro, Mancone dello scalzo, conduceva al mulino ad acqua di Alessandria. Questa era anche la via che congiungeva Plataci, il saraceno, la salita del Canale del forno, fino al Castroregio, e viceversa. Era la via delle fiere e dei mulini.

Dicono che il canale è detto “del forno”, perché da questa buca fuoriusciva acqua rossa e bollente, perché si trattava, forse di un sito vulcanico.

Era profonda, perché una volta, un pastore ci vide cascare una pecora e non riuscì più a recuperarla, tanto in basso era sprofondata ! Poi, alcuni pastori si tolsero dai calzari tutte le loro le “cordelle” (i lacci di cuoio o di pezza), le annodarono una appresso all’altra, ricavando una lunghezza di centro metri, vi apposero una pietra a una delle due estremità, la calarono dentro “a vucca’i summ” e non toccarono il fondo !

“Sulla sovrastante fiancata del Mancone dello scalzo”, che attualmente è diventato bosco fitto e impenetrabile, c’era la masseria di un certo “Coppa”, di Alessandria del Carretto. Un giorno di agosto, dopo aver trebbiato il grano sull’aia, quel contadino si vide precipitare il “mezzotomolo” verso il Canale. Il contenitore di legno andò a finire proprio dentro “a vucca’i summ” e scomparve, pure quello, come la povera pecora dei pastori. Queste cose me le raccontavano mio padre, Giovanni Rizzo e altri contadini di quelle contrade. Nell’estate del 2008, dopo aver visitato e fotografato alcuni reperti del “Timpòne della cappella”, al Giòro, compare Vincenzo Adduci mi ha ricordato le stesse “leggende”.



Fonte: Giuseppe Rizzo

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