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Da Vedere ad Albidona

Storia e Tradizioni

Albidona e territorio


Che c'è da vedere in questo paese, arroccato tra l'azzurro del mare Jonio e il verde del Pollino ? All'ingresso del centro abitato, il secolare "Pràino'i Mastr Giuguann", il pero selvatico, oggi di fronte al Bar di Costantino Golia. Qui, una volta, non c'erano le case; i giovani che partivano per la guerra e gli emigranti che andavano verso le Americhe si abbracciavano e si congedavano piangendo …al "Pràino" di mastro Giovanni, un noto fabbro della vecchia Albidona.
Subito dopo, percorrendo la via provinciale per Alessandria del Carretto, vedi la cappella di San Rocco; una volta, era fuori del centro abitato. All'interno, c'erano molti ex voto, le statue di S. Rocco (16 agosto) e di San Donato (settembre).
Nel centro abitato, le altre chiese: nel rione Convento è da visitare quella di Sant'Antonio (ecclesia monasterium). Essa faceva parte del convento dei "Minori Osservanti" di S. Francesco d'Assisi. Questo monastero venne soppresso dopo il 1860; le attuali case degli Urbano, che mantennero fino a pochi anni fa, l'antica struttura quadrangolare, con il chiostro e la cisterna al centro, facevano parte del suddetto complesso religioso. In questa chiesa era conservata quella tavoletta lignea, rinvenuta dal parroco don Domenico Di Vasto, negli anni '50. Vi era incisa questa iscrizione:
Oc tectu Massentius De Rago f.f. p.s.devo - 1070.
A quanto pare, questo reperto non è più in sede. Anche se la data è stata scritta in maniera errata, perché la tavoletta risale al 1700 e non al 1070, sarebbe una grave perdita.
In cima al paese è la Chiesa Madre di S. Michele Arcangelo, dove puoi ammirare non solo i marmi policromi degli altari ma anche le statue lignee, le tele raffiguranti santi e madonne, il grande crocefisso della cappella del Santissimo, le piastre in pietra locale del pavimento. All'esterno, la torre campanaria, le grosse campane di bronzo che risalgano all'epoca dei signori Castrocucco, l'orologio, la lapide dei Caduti del 1915-18, i due grandi portali in legno massiccio, e sul lato "Manca", il poderoso contrafforte, detto comunemente "mazza", reso necessario nel 1812, forse a causa, non del terremoto che avrebbe distrutto "mezzo paese", ma di un movimento franoso. Purtroppo, in questi frequenti restauri apportati, senz'altro apprezzabili, non si è tenuto sempre conto di alcune preziose originalità di questa chiesa, sorta in tempi remoti. Forse non c'era bisogno di rimuovere, o di eliminare alcune piastre del pavimento ed era interessante riportare alla luce gli affreschi della parete tra la porta interna del campanile e la "porta "piccola", scoperti nei lavori degli ultimi restauri.
Nell'800 Albidona ricordava anche le cappelle di San Pietro e di San Salvatore, di cui si sono perse tutte le tracce.
Anche fuori del centro abitato, precisamente nelle contrade Potente, Micari, Gioro, Sant'Elia c'erano diversi eremi e cappelle.
Nel vasto caseggiato rurale di Maristella esiste ancora la cappellina di Santa Barbara, voluta, nel 1800, da donna Barbara Bellarme (congiunta del monaco Luigi Rinaldo Chidichimo). Sono ancora in piedi e vi si celebra la propria festività le cappelle della Pietà e del Càfaro.

Nel centro storico, dove bisognerebbe salvaguardare le antiche peculiarità, è il caso di ricordare le case con i portali ad arco dei pochi benestanti locali: palazzo Chidichimo, tra il rione Castello e Piazza Risorgimento; era diviso in "Casa grande" del deputato Luigi Chidichimo (1835-1904) e "Casa piccola" dell'ing. Rinaldo Chidichimo. Come possiamo rilevare da una data incisa in un artistico frontale di caminetto, ora buttato in un cortile interno, questo palazzo potrebbe essere stato costruito attorno al 1828. Caratteristici i balconi in ferro battuto, con lo stemma dei Chidichimo, provenienti da Napoli. Poco rispettosa quella canna fumaria che sovrasta la lapide del parlamentare Chidichimo. Casa Scillone, sulla via per la Chiesa Madre; palazzo che rischia di andare in rovina; la casa Dramisino (presso la citata Piazza) ci ricorda il notaio Pasquale, uno dei condannati politici del '48 e anche la misteriosa "chioccia d'oro".
La casa dei Prinsi, (nell'attuale Via Dante, è ben conservata, perché è stata acquistata dai privati. Nella parte più alta del paese, tra la chiesa di S. Michele e il vecchio municipio abitavano gli "gnùri" Rago; sulla facciata esterna di una di esse erano scolpiti i famosi "ciuòti d'a gnùra Perna". Nell'attuale casa Pota e Mutto abitava lo speziale Terranova; altri "gnuri" Rago abitavano nell'attuale casa dei Mele e lungo la via dello stesso Comune. Qui c'erano altri benestanti dell'800: i Costanzo, i Mutto, i Gatto (Marmotta), con i loro sindaci e arcipreti, abitavano nei pressi di Piano Franco (casa dei Serafino), vico S. Pietro (casa Gatto Gavazzo) e casa " 'Nciccariell', vicino la Piazza, con la lapide di Francesco Gatto - 1833-1906, sindaco per 18 anni. Qui c'era un caratteristico portale in quercia, recentemente rimosso.
Nel largo San Rocco è il Monumento bronzeo dedicato ai Caduti di tutte le guerre, eretto nel maggio del 1966, per iniziativa del compianto maresciallo Leonardo Rizzo e col sostegno di tutta la popolazione albidonese.

Del vecchio castello dei Castrocucco erano visibili, fino agli anni '70, alcuni spezzoni di mura e la cisterna centrale per l'acqua. Certamente, il Magazzino (attuale casa Destefano), successivamente adibito a deposito per l'Annona municipale, a carcere, e nuovamente per deposito di granarie dei Chidichimo, faceva pure parte del detto maniero. Nel 1517 vi abitava il feeudatario Rinaldo Castrocucco.
Nel corso del 2006, oltre al belvedere ricavato tra l'altura rocciosa, è stato ricostruito anche qualche pezzo di mura dell'antico maniero di Castrocucco.
Fuori del centro abitato sono visibili ancora i ruderi dei vecchi mulini ad acqua: quelli di Spillone e di Chidichimo, sulla fiumara Saraceno; il mulino dei Prinsi presso contrada Alvani, alle sorgenti della fiumara Avena. Nelle contrade Martucci, Primenzano, Cardeo, Verte e Tarantino c'erano le fornaci per i laterizi di argilla.
Proseguendo l'escursione per il territorio di Albidona, potrai conoscere le grandi distese di boschi. Il Padula scrive: "Albidona avea boschi di pinoca che dà la deda. Una volta, questo paese avea estesi boschi: tali quelli di Joraca,Alicheto, Paisanini, Manca della Pagna, Cacasodo, Lauruto, Coppone, e furono incendiati" .
Purtroppo gli incendi, spesso dolosi, hanno distrutto, specie nell'estate del '98, le pinete e le ginestrete che tappezzavano di verde quella parte del nostro territorio che va da Verte, Cacasodo al Manganile, fino al "Timpone" Nardòne, sono state il più stupido disastro ecologico del nostro patrimonio naturale.
Anche se un po' faticosa, è senz'altro interessante una lunga passeggiata lungo le fiumare Saraceno, Avena e Pagliara, e sulla dorsale di Serra del Manganile, e Timpone Foresta , i punti più alti del territorio.

Questo territorio è percorso anche da un fenomeno geologico di interesse scientifico, a livello internazionale: il flysch di Albidona. Si tratta di una stratificazione rocciosa, a volta sotterranea, a volte emergente, che parte dal Tirreno, passa per Albidona e arriva in Lucania.
Scendendo verso Trebisacce, e a pochi passi dal mare, è la storica Torre della Marina di Albidona.
Detta anche Torre dei monaci, era un presidio di guardia contro gli assalti dei pirati musulmani, ma successivamente divenne un posto di dogana e infine, un bene privato.
Sul Monte Mostarico è ancora in piedi qualche traccia della Torre dei Petagna, signori di Trebisacce.
Infine, chi si avventura per boschi, fontane e masserie, quando giunge nel Canale del cervo, della contrada Destra, tra i pini d'Aleppo dell'omonimo bosco, si imbatte in uno spettacolo che pochi hanno modo di conoscere: l'Armo di Mastro Romano che resiste da secoli, a picco sul dirupo, e si dice che lo trattenga la mano del diavolo.



Fonte: Giuseppe Rizzo

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