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Pascàghe’a Gilàrd

Arte e Cultura > Personaggi Antichi

La vita avventurosa di Pasquale Chidichimo
(Pascàghe’a Gilàrd)
Falegname, amante, monaco e professore di filosofia

Un personaggio veramente originale. E’ nato nel 1906 ed’è figlio di Francescantonio Chidichimo
(Ciccantònie’i Don Pascàghe, ucciso dall’amante tradita.
Oltre a quel Don Pasquale Chidichimo, sequestrato dai briganti di Antonio Franco nel maggio del
1864, c’era un altro “Don Pasquale”, dello stesso cognome, perché era nato da un rapporto
extraconiugale tra Don Francescantonio Chidichimo e Donna Concetta Spanò, vedova del medico
don Gerolamo Oriolo.
I Chidichimo non lo riconobbero come parente. Don Pasquale, dopo aver perso la prima moglie,
donna Ursola Gallerano di Amendolara, si sposò con Antonia Aurelio, contadina, con la quale ebbe
Francescantonio Chidichimo, il suddetto “Ciccantònie’i Don Pascàghe”.
All’inizio del 1900, costui si sposò con Isabella Golia (Sabell’a Gilarda) e divenne padre di due
figli: Pasquale (n. 1906) e Peppina (n. 1909).
Peppina si maritò con certo Leone Cataldo di Taranto e nacque Francesco (1930), oggi detto
“Ciccio’a Gilarda”.
Invece, la storia di suo fratello Pasquale è proprio avventurosa: in Albidona fu rinomato falegname,
fino al 1930-34. La gente ricorda alcune sue “opere” in legno: il portone d’ingresso della casa del
dott. Pasquale Mele (col quale si mantenne in corrispondenza per lungo tempo), la grancassa che
viene suonata nella settimana santa (ancora conservata in chiesa), la vetrata del Sacro Cuore, pure
nella chiesa di San Michele, e le urne per le elezioni.
Verso il 1930 ebbe una tresca con certa Serafina Pitrelli (sua coetanea), cognata della guardia
forestale Giannino, di Rocca Imperiale. Nacque una bambina che fu chiamata Isabella, come la
madre di Pasquale Chidichimo. La bambina morì in tenera età, verso il 1930-31. Poi, i due ebbero
una seconda figlia e la chiamarono pure Isabella, ma era quasi muta.
Il Chidichimo non regolò il suo matrimonio e né adottò le due bambine.
Fu proprio in questo periodo che Pasquale Chidichimo subì una forte crisi esistenziale, abbandonò il
mestiere di falegname, la mamma, il paese e la giovane Pitrelli e andò a chiudersi in un convento di
monaci (forse missionari passionisti, perché la madre conservava delle fasce nere della tonaca),
dove studiò fino al liceo e alla teologia.
Non volle più sapere del suo paese. Siccome era molto ingegnoso, costruì una centrale elettrica per
il convento di Frosinone, che fu collaudata da un ingegnere civile. Ma Pasquale Chidichimo non
ebbe alcun riconoscimento. Diceva la madre che Pasquale stava per diventare sacerdote, si fece pure
la pubblicazione nella chiesa di Albidona, ma poi, forse per rimorso di aver lasciato la sua donna e
la bambina (che se ne tornarono a Rocca Imperiale), o forse perché non gli fu riconosciuto il merito
dalla centrale, lasciò il saio monacale e continuò a studiare e a lavorare. Verso il 1947-48 si laureò
in lettere e filosofia e poi divenne subito professore di questa materia, insegnando a Roma. Però, si
faceva chiamare Aristodemo Chidichimo.
Conobbe tale Giuseppina, della Toscana, la sposò ma le nascose la sua data di nascita. Forse per
sembrare più giovane, le disse di essere nato nel 1916. Aveva 38 anni quando si sposò. Dopo alcuni
anni, la moglie conobbe la vera età di suo marito, guardando la carta di identità che proprio quella
volta se la dimenticò nella giacca che la moglie stava per lavare. Con la Giuseppina ebbe due figli:
Lucia Isabella (magistrato) e Stefano (avvocato). Pasquale Chidichimo fu cattolico convinto e
praticante fino alla sua morte. Forse è morto verso il 1970.

Fonte: G. Rizzo

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