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Pasquale Rago

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PASQUALE RAGO: UN ALTRO DIMENTICATO


Lutto per Albidona e il mondo dell’arte: la immatura, tragica scomparsa di Pasquale Rago:
così intitolavo un mio articolo, quando nell’agosto del 1987 appresi la notizia della tragica morte di
Pasquale Rago, che in Albidona, qualcuno ricorda ancora col soprannome di “Pascàghe’i Diàna”,
perché sua madre si chiamava Diana Salvatore, figlia di una Tarsia; suo padre era l’operaio
Vincenzo Rago. Era nato verso il 1940, abitava nel rione San Nicola; fece l’apprendista falegname
in Albidona, verso gli anni Sessanta lasciò anche lui il paese e la famiglia, per trovare lavoro.



Ecco il pezzetto giornalistico:


Mentre siamo in macchina col giornale, apprendiamo la triste notizia della immatura scomparsa del
nostro amico e compaesano Pasquale Rago.
Dopo tante peripezie giovanili, e tante sofferenze, Pasquale si era definitivamente fermato a
Cosenza, aprendo una piccola bottega di artigianato nella salita di Corso Telesio e dinanzi al
notissimo Caffè Renzelli. Gli amici del rione di Cosenza vecchia lo chiamavano affettuosamente
“mastro Pasquale”, perché egli era un raffinatissimo artista del legno e anche della pietra. Le sue
opere andavano a ruba; e la bottega era continuamente visitata da ammiratori, da altri artisti e
soprattutto da giornalisti e critici d’arte. Anche a me chiese un articoletto, il caro Pasquale. E
quando ne lesse il titolo, accanto alla sua foto: Un artigiano calabrese alla ribalta, senza esaltarsi,
mi ringraziò con commozione, regalandomi una ballerina in legno che tengo ancora nel mio
salottino di Albidona. Un’altra volta, presentandomi il libro delle poesie di “Duonnu Pantu”
regalatogli dal comune amico Giulio Palange, il quale gli dedicò pure articoli di giornale, volle
“decifrata” la dedica scritta a mano: “A Pasquale Rago che dalle pietre sa trarre forme e immagini
di sconcertante bellezza, così come Duonnu Pantu sapeva far con i versi. Con stima, Giulio Palange;
Cosenza, 31-5-1978”. Duonnu Pantu, il famoso prete-poeta dialettale di Aprigliano (CS), fu
definito “osceno e trasgressivo, ma era pure un grande artista del dialetto calabro.
Negli anni Settanta andò a visitare la bottega di Corso Telesio una giovane redattrice de’ “Il
giornale di Calabria”; si chiamava Anna Lato, la quale fece un lungo articolo su “mastro Pasquale
Rago” e le diede questo titolo: “L’ultimo artigiano di Calabria”. Pasquale lo appese al muro e tutti
lo leggevano. L’articolo era azzeccato, ma era il titolo che non piaceva a Pasquale, perché secondo
qualche suo amico che ci voleva scherzare sopra, “l’ultimo artigiano” significava essere collocato
dopo gli altri artisti; ultimo significa valere poco o niente ! Una sera che mi fermai nella sua bottega
mi indicò il ritaglio del giornale e disse: “ … la giornalista era bella, ma l’articolo me l’ha fatto
brutto !”. Lo voleva cacciare dalla parete e buttarlo tra la segatura, ma si rasserenerò quando gli
spiegai che “ultimo artigiano” voleva dire che l’artigianato e le cose belle rischiano di finire.
Anch’io, oggi, mentre penso alla sua morte assurda e incredibile, resto costernato: non solo per lo
sfortunato Pasquale, che è morto proprio nel giorno in cui stava traslocando nella sua nuova casetta,
acquistata con durissimi sacrifici, e senza potersela godere; ma anche per sua moglie e per i suoi
quattro figlioli. Cosa posso dire ? Forse la sua bottega è ancora piena di cose belle: sculture in pietra
e in legno che si potrebbero vendere per ricavare qualcosa per la famiglia. Qualche pezzo lo
potrebbe acquistare anche il Comune di Albidona, la terra natìa di Paquale Rago”.
Ora che guardo quella ballerina con la testa e con i lunghi capelli rovesciati all’indietro, immagino
la tragica morte di Pasquale Rago, rimasto schiacciato sotto il grosso armadio precipitato dalle
scale, poco prima di essere traslocato nella nuova abitazione, che il povero Pasquale meritava di
godersi con la sua famiglia, dopo aver sofferto tanti sacrifici e profuso tanto lavoro artistico.

Fonte: Giuseppe Rizzo



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