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Don Giulio Rizzo

Arte e Cultura > Personaggi Antichi

Don Giulio Rizzo
(il sacerdote poeta)

Poesie su Albidona


Il padre, Michele Rizzo, nato nel 1877, ex calzolaio e poi contadino, aveva imparato a leggere e a scrivere col maestro prete don Francesco Rago, il quale, come si dice ancora oggi, “insegnava il sillabario e le cose di Dio”.
A fine ‘800 c’era l’istruzione pubblica ma nei piccoli paesi, afflitti dalla miseria e dall’isolamento geografico, si evadeva l’obbligo scolastico. Solo poche famiglie benestanti e qualche artigiano riuscivano a pagare il maestro privato.
Il piccolo Michele Rizzo, figlio di Francesco, calzolaio e guardia municipale, che a sua a volta aveva pure appreso a leggere e a scrivere da uno degli ultimi monaci del soppresso convento dei “Minori osservanti”, rimase sempre grato al “prete don Ciccio Rago”. Quando poi divenne contadino, con la lunga barba alla patriarca, raccontava ai figli e ai nipoti tutta la Sacra Bibbia, dalla 28 Genesi all’Apocalisse. Ricordava che nella famiglia Dramisino c’erano due fratelli: uno era monaco e l’altro prete. Per questo, volle che uno dei suoi sei figli maschi diventasse sacerdote.
Michele Rizzo, durante la sua vita militare scampò a un pericolo, rifugiandosi in una chiesa dedicata a san Giuliano, però ammirava anche il pontefice Giulio Secondo, che soleva chiamare “il papa forte”. .
Quando il 20 dicembre del 1916 nacque il suo quarto figlio lo volle chiamare Giulio Carmelo, perché, insieme alla moglie Tecla Aurelio, era devoto anche alla Madonna del Carmine.
Il piccolo Giulio aveva appena terminato le scuole elementari e pascolava le pecore. Un giorno, il padre andò a prelevarlo sui monti di Albidona, lo fece salire sul cavallo e lo accompagnò nel seminario di Cassano Jonio.
Dal seminario diocesano passò a quelli maggiori di Reggio Calabria e Catanzaro. Il 28 giugno del 1942 fu ordinato sacerdote da mons. Raffaele Barbieri. Con Bolla datata 19 agosto 1944 dello stesso vescovo (Raphael Barbieri Dei et Apostolicae Sedis Gratia Episcopus Cassanen, Baro Murmanni, Trebisaciarum et S. Basili) fu nominato parroco di Albidona, dove operò fino al 1955.
Dal ’55 al 1982 curò la parrocchia di Pedali di Viggianello, che negli ultimi anni passò dalla diocesi di Cassano a quella di Tursi-Lagonegro. Consumato da un male implacabile che sopportò nel silenzio e nella serenità, don Giulio Rizzo morì nell’ospedale di Lauria, il 4 agosto del 1982; aveva 66 anni di età. Le sue spoglie riposano nel
cimitero di Viggianello, che predilesse come la sua seconda terra natale. Fin da giovane seminarista, don Giulio Rizzo usava una vecchia penna stilografica per scrivere versi con rima dantesca e carducciana. Dopo averle rilette e “limate”, le trascriveva con la nuova “Olivetti”. Qualcosa l’ha pure pubblicata. In “Voce del cuore” cantava la patria, la sua piccola Albidona “eretta sulla bianca roccia e con i dintorni digradanti al piano” ma sempre isolata e
dimenticata. Con altri versi invocava la sua adorata mamma che lasciò figli e marito quando aveva
appena 53 anni.
Il prete poeta gridava la sua protesta per l’abbandono della terra calabra, per gli emigranti che partivano lontano, per le donne e i bambini che restavano soli, per i contadini piegati sulla dura zolla dei campi.
Dalla lontana Albidona mandava anche articoli per riviste e giornali per evidenziare il “buio del Mezzogiorno d’Italia” e per richiamare l’attenzione del mondo politico meridionale. Negli anni ’50, uno di questi articoli, ripreso da un giornale di sinistra, fu citato in un comizio tenuto a Cosenza dal deputato comunista Terranova, e quel sacerdote di campagna venne accusato, soprattutto dagli ambienti un po’ reazionari del potere locale di aver “simpatie rivoluzionarie”. Ma il giovane
parroco di Albidona, che rifuggiva dalle facili strumentalizzazioni di quel periodo di “guerra fredda” e anche da certe pose anticlericali, sosteneva che intendesse lanciare solo appelli per il riscatto della nostra terra. Purtroppo, anche questo suo dissenso, in un paese sempre diviso dalle fazioni politiche e dai rancori personali, fu uno dei pretesti per lasciare la sua Albidona.
Successivamente, la sua poesia si sciolse in versi liberi di intenso lirismo, perché nasceva anche dai dolori e dalle sfortune personali e di quelli di tutti gli uomini. Ne trasse un libricino di prose: “Ogni uomo è mio fratello”. Però, il suo latente pessimismo si attenuava e si illuminava con la speranza e con la fede che fanno camminare il vero credente e l’umile sacerdote, ormai lieto di vivere sempre “tra la buona gente della vallata del Mercure e le cime nevose del sovrastante Pollino”.


Fonte: Giuseppe RIZZO

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Una piazzetta per don Giulio Rizzo
(Un ricordo senza retorica ma pieno di affetto)


Pedali di Viggianello (PZ), 26 agosto 2014. Don Giulio Rizzo (1916-1982) fu parroco di Albidona dal 1944 al 1955. Dal '55 all'82 fu il primo parroco di Pedali, la più popolata frazione di Viggianello.

Colpito da un male incurabile, che sopportò in silenzio, e con serena rassegnazione, se n'è andato a soli 68 anni. Don Giulio volle bene alla sua gente e fu sempre ricambiato con stima e affetto.
Dopo 32 anni dalla morte, la popolazione di Pedali e il sindaco Vincenzo Corraro l'hanno voluto onorare e ricordare, dedicandogli uno slargo, nelle vicinanze della chiesa madre del piccolo villaggio, adagiato sulla valle del Mercure. La piazzetta è stata inaugurata nel pomeriggio di martedì 26 agosto. Dalla sua Albidona sono giunti sette suoi nipoti, una ventina di pronipoti e suoi vecchi amici, tra i quali, Vincenzo Filazzola, "ragazzo dell'Azione cattolica" degli anni '50. La piazzetta Dolcedorme era gremita di gente, di Pedali e dintorni; qualcuno è giunto anche dalla vicina Laino Borgo, da Rotonda e da San Severino Lucano. L'hanno ricordato, senza retorica, non solo il giovane sindaco Vincenzo Corraro, che ha porto il saluto ai convenuti, ma anche il parroco di Pedali, don Francesco Sirufo, il dott. Vincenzo Libonati, il medico Domenico Lauria (ex consigliere comunale e consigliere provinciale) e il dott. Alessio Bonafine, che nell'agosto del 1982 era sindaco di Viggianello e gli dedicò un commovente elogio funebre. La presenza e l'intervento del dott. Bonafine hanno suscitato grande emozione.
Ha coordinato gli interventi la professoressa Maria Gabriella Conte; infine, Giuseppe Rizzo, nipote di don Giulio, ha parlato di "dispersione migratoria" e ha letto numerosi messaggi pervenuti da amici e parenti sparsi in tutto il mondo: Albidona, Cosenza, Bologna, Argentina e Norvegia (dove lavora un suo parente medico). Molto sentito il ricordo del presidente del Circolo degli Albidonesi di Buenos Aires (intitolato a don Giulio), dott. Giuseppe Napoli.
Il rev.don Francesco Sirufo si è intrattenuto anche sulla poesia di don Giulio Rizzo, infatti era chiamato "sacerdote poeta"; essendo figlio di contadini, le sue poesie si ispirano quasi sempre al mondo degli umili, agli emigranti e ai giovani. Negli anni Cinquanta, don Giulio Rizzo scrisse alcuni articoli contro le "dimenticanze" e le "inadempienze" governative e statali della Calabria e dei piccoli paesi, suscitando accesi dibattiti e polemiche, ed egli ebbe a sopportare amarezze e incomprensioni della classe alte e dominante. La serata di Pedali si è conclusa con un gustoso rinfresco di prodotti tipici locali e con una bella suonata di zampogne e tamburello di Andrea Miraglia, di Pino Salamone e degli albidonesi Leonardo Rago e Leonardo Gatto.



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