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Michele Sangineto

Arte e Cultura > Artisti

MICHELE SANGINETO

Nato ad Albidona (CS) nel 1944. Sposato con due figli. Michele è l'ultimo di tre fratelli, cresciuti dal padre Ercole nel culto della dignità, della ricerca di un miglioramento sociale, ma educato anche alla curiosità e alla socialità. All'età di venticinque anni si trasferisce in Brianza, dove lavora un anno come operaio. Rientrato al suo paese, consegue il diploma di maestro d'arte a Castrovillari con specializzazione in ebanisteria. Nel 1973 gli viene offerto un incarico di insegnamento all'Istituto Statale d'Arte di Monza, una vivace scuola sperimentale dove tuttora insegna come docente di laboratorio. Nel frattempo si specializza nella costruzione di strumenti musicali della tradizione popolare, settore nel quale è diventato un'autorità a livello internazionale. Ha partecipato, tra le altre, a mostre presso festival di Lorient in Canada, al Louvre di Parigi e al Royal College of Music di Londra. Alcuni tra i più grandi interpreti mondiali di musica celtica adoperano strumenti da lui realizzati (da Alan Stivell a Derek Bell dei Chieftains). Dal 1988 al 1991 ha organizzato a Monza quattro edizioni di “Suoni di antichi strumenti”, festival musicale della tradizione medievale e popolare. Nel 2000 fonda con la moglie Paola e i due figli Caterina e Adriano il quartetto dell'Ensemble Sangineto. Nella sua casa-laboratorio, sempre aperta ad amici musicisti per inaspettate jam session tra amici musicisti, ospita una collezione di 250 strumenti musicali antichi ed etnici acquistati ma anche, spesso, costruiti da lui stesso.
Un grande volto leonino incornicia due occhi azzurrissimi. Il corpo è massiccio, due grandi e ruvide mani spuntano dalle maniche della camicia a scacchi. Ma quando comincia a parlare, il tono della voce è dolcissimo e si viene subito affascinati dalla semplicità e dalla schiettezza del suo racconto.

Mi sono trasferito a Monza nei primi anni '70, catapultato quasi per caso da un piccolo paesino del Sud in una grande città. Gli inizi furono difficili. Spesso incontravo una sorta di preoccupazione e di diffidenza nei miei confronti, in quanto emigrato meridionale. Facevo fatica persino a trovar casa. Ma ho subito cercato di stare il più possibile in mezzo alla gente e poco alla volta mi sono integrato e ho trovato qui la mia strada e, per così dire, la mia seconda patria. La verità è che mi sento in debito con Monza. Questa città mi ha dato tutto.

Sappiamo che ha cominciato la Sua carriera professionale come ebanista. Poi si è specializzato in strumenti musicali. Come è successo?

Quasi per caso. Un giorno ho incontrato un ragazzo con in mano uno strano strumento. Si trattava di uno zanza, una sorta di marimbas africano. Era rotto e gliel'ho aggiustato. Da qui mi sono incuriosito e ho cominciato ad appassionarmi a questo mondo. Ricordo che quando ebbi per la prima volta in mano una gironda, volli subito smontarla per vedere com'era fatta.”

Come fa un bambino curioso con una sveglia?

Sì, (ride) non mi vergogno del paragone. In me, nonostante l'età non più giovanissima, è sempre rimasto vivo un desiderio e una curiosità infantile di scoprire nuove cose e di sperimentare nuove esperienze, ma tutto ancora come un gioco. In me c'è sempre un eterno fanciullo.

Beh, ma un fanciullo che ha fatto strada, pur cominciando per gioco.

Sono molto orgoglioso delle mie arpe celtiche, uno strumento a cui mi sono particolarmente dedicato negli ultimi anni. Moltissimi arpisti a livello internazionale adoperano le mie arpe. In un articolo recentemente apparso su una rivista specializzata il grande Alan Stivell dice che quando deve suonare con una sonorità particolarmente calda adopera solo le arpe di Michele Sangineto. Ho ritagliato l'articolo e lo mostro a più gente possibile, perché mi ha dato una grande soddisfazione.

Come ha imparato a costruire l'arpa celtica e quanto tempo impiega a fabbricarne una?

Non certo sui libri. All'inizio me ne sono procurata una e l'ho studiata a fondo, poi ho cominciato con i primi modelli, migliorando passo dopo passo tutti i particolari. E' uno strumento affascinante. Il telaio deve essere molto robusto, perché la tensione delle corde è fortissima. Se le giunture non sono più che solide, dopo un po' va tutto a pezzi. Il tempo necessario? Beh, circa un mese per una buona arpa.

E a quanto le vende?

Vendere? (ride nuovamente) No, sono praticamente regalate. Mi faccio solo rimborsare i costi vivi dei materiali, ma non ho alcun profitto. Veda, per me fabbricare strumenti è e deve restare un piacere, un diletto. Non ho mai pensato e forse non ci riuscirei neppure a trasformare questa attività in una “piccola industria”. Non è nel mio carattere.

E a furia di costruire strumenti musicali, ha anche imparato a suonarli. E con Lei tutta la Sua famiglia.

Mio padre suonava la chitarra. Ma io da giovane non volli imparare. Mi è successo più avanti, perché era necessario a me stesso per capire se avevo fatto un buon lavoro fabbricando un certo strumento. Oggi il mio preferito è il salterio. La passione l'ho trasmessa a mia moglie e ai nostri figli, così che due anni fa abbiamo costituito un piccolo Ensemble con un repertorio di musica popolare e antica.Ci esibiamo ovunque possibile. Ci è capitato spesso di farlo in chiese che necessitavano di restauri e così aiutavamo il parroco a raccogliere fondi.

Già, c'è sempre un forte aspetto altruistico nelle Sue attività.

Mi viene naturale farlo. Con i miei studenti abbiamo realizzato dei pannelli decorativi in legno molto vivaci e li abbiamo donati al reparto pediatrico dell'Ospedale di Monza, così da allietare un po' i bambini ricoverati. E per il Museo Tattile “Omero” di Ancona, un museo per non vedenti, abbiamo realizzato due plastici della Stazione Centrale di Milano e della Villa Reale di Monza, così che toccandoli, i non vedenti possano capire come sono fatte le due costruzioni Queste sono cose che mi danno un enorme piacere e mi riempiono d'orgoglio.

Già, i Suoi studenti. Mi dicono che è amatissimo da loro. Ha un segreto per farlo?

No, ma quale segreto…! In ogni ragazzo io cerco solo di vedere il buono che c'è in lui. Anche in quelli che all'apparenza sembrano più difficili. I ragazzi invece sono buoni naturalmente, si tratta solo di far venir fuori questa bontà. E' la società, le cattive compagnie che spesso li rovinano, ma con pazienza e disponibilità si trasformano in pochi mesi.

Straordinario. Il grande filosofo Jean Jacques Rousseau diceva le stesse cose due secoli fa

Rousseau? No, non l'ho mai letto…

Carlo Vittone





IL NUOVO SITO WEB DI
MICHELE SANGINETO

Mostra didattica di strumenti musicali della tradizione europea


Esporre una collezione di strumenti musicali a scopo didattico significa voler avvicinare i giovani ad oggetti non di uso comune perchè ormai estranei alla nostra vita quotidiana, basata su tecnologie avanzate e sul pensiero dello stretto legame temporale tra it desiderio e la sua soddisfazione, it "tutto subito".
E' lanciare una proposta, senza sentirsi portatori della verità e della giustizia, di appropriarsi di una parte della nostra storia (l'oggetto antico) e conservarla nella memoria come qualcosa di personale perchè coinvolti direttamente (la costruzione di un nuovo oggetto).
Non è solo portare a conoscenza degli strumenti per l'arte della musica, ma stimolare e produrre qualcosa di simile o di nuovo con le stesse finalità, utilizzando materiali e attrezzi disponibili oggi. Intraprendere un lavoro di costruzione comporta l'impegno nella progettazione, nel disegno, nella ricerca e scelta dei legni, nella manualità della fabbricazione, ma soprattutto richiede un tempo, pi0 lungo di quello che ci offre la tecnologia informatica; ciononostante questa attività arricchisce una parte della nostra vita.
La produzione di uno strumento, bello oggettivamente ma anche nel suo utilizzo, rimane nel tempo come testimonianza Belle esperienze fatte nel nostro passato.
Comprendere l'anima di uno strumento antico e imparare a riprodurlo per poi lasciare qualcosa al futuro e prendere parte attiva alla nostra storia.
In questa mostra si e considerato un modo di rivelare al pubblico l’importanza storica e artistica di questo tipo di
raccolte. Non si trait infatti di una mostra che possa interessare soltanto gli specialisti: costruire strumenti musicali costituisce un'arte in cui, nell'atto stesso in cui si realizza la funzionalità musicale dello strumento, quasi per affinità, si crea una forma che ha una sua propria esistenza come espressione d'arte, parallela ma distinta da quella puramente musicale.
E la personalità del costruttore-artista, come in tulle le arti, e distinguibile, ed e fondamentale per determinare la qualità dello strumento nei suoi aspetti di tecnica funzionale perfetta e di forma d'arte a se stante, legato a un'epoca, a una civiltà, a un gusto, intelligibile quindi alla piu largo cerchia del pubblico. La mostra comprende circa 80 strumenti musicali che sono, per la maggior parte, gloria di costruttori italiani attualmente viventi.
Ho curato personalmente it catalogo in quanto specialista in organologia e costruttore per passione do quasi 30 anni.
Un ringraziamento particolare per la collaborazione grafica a Adriano Sangineto, Maria Petrescu, Leonardo Aurelio e Alessandro Tosoncini; per la consulenza ai prof Luigi Beltrami e Guglielmo Capponi; ai professori e musicisti per la consulenza musicale didattica durante la mostra Marco Casiraghi, Massimo Cialfi e Franco Brera; ai fratelli Riva di Villasanta, e a tutti coloro che hanno contribuito affinché questa iniziativa fosse offerta nel migliore dei modi ai nostri ragazzi.


Michele Sangineto


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