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IL CATASTO ONCIARIO 1742 - 1745


Per i lettori- Vi propongo un documento storico inedito dove è descritta la situazione sociale ed economica del nostro paese nel 1700. Il monaco cronista è di mia invenzione, invece, i documenti, le persone nominate, i luoghi descritti sono autentici, attinti dal Castasto onciario del 1743-45, il cui frontespizio reca l’invocazione I M I (in nome di Maria e di Gesù…) – Archivio di Stato di Napoli.
Un cronista del 1745 in Albidona Il marchese Don Antonio Maria Castrocucco, una diecina di magnifici ricchi, un Clero pure ricco, 13 preti, 25 massari, 44 bracciali e il Castello ormai diruto Sua Maestà Carlo III ordina il Catasto onciario per conoscere e per tassare i sudditi del Regno di Napoli 1 Sua Maestà Carlo III di Borbone ha emanato le prammatiche imponendo a tutti i comuni del Regno di Napoli di rivelare la situazione sociale ed economica di ciascuno abitante, perché, sebbene viviamo nella miseria e nell’abbandono, si devono pur pagare le tasse, e siamo appena usciti dal malgoverno spagnolo; comunque, anche sua Maestà viene dalla Spagna. Chi scrive questa cronaca è un frate domenicano del convento di Altomonte, dove visse il monaco filosofo Tommaso Campanella, che si fece 27 anni di carcere perché scriveva e parlava contro la “tirannia e l’ipocrisia”, contro gli occupatori Spagnoli, contro l’oscurantismo e la corruzione della Chiesa e a favore della libertà e della rinascita del Sud.
Io, semplice frate della comunità domenicana, ho sempre amato la storia, perché la storia è lo specchio di un’epoca e di un paese. Quando mi chiudo nella mia cella faccio anche il cronista; mi piace conoscere le notizie dei paesi di Calabria, specie la situazione sociale, il cui degrado è abbastanza visibile. I nostri comuni hanno perso diversi abitanti perché sono stati falcidiati dalle carestie, dalle epidemie e anche dai terremoti. (
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Nell’Alto Jonio cosentino e nell’area del Pollino non ci sono solo le grotte, già esplorate dai Gruppi di Speleologia, ma anche altri beni naturali da riscoprire e da valorizzare, non solo dal punto di vista scientifico e turistico, ma anche come luoghi storici di antica frequentazione umana.
E’ il caso di richiamarci a una Direttiva dell’Unione Europea denominata Habitat (la n. 43 del 1992) e alla più recente Raccomandazione Rec 2004 del Consiglio d’Europa. Sia la Direttiva che la Raccomandazione parlano di conservazione del patrimonio paesaggistico e geologico.
Ebbene: le sette Cascate che si trovano nel territorio di Albidona sono contornate da grandi boschi, e questo basterebbe per parlare di suggestivo paesaggio. Le cascate sono formate dalla roccia e rientrano nel vasto percorso del famoso flysch di Albidona, studiato a livello scientifico, quindi
anche queste fanno parte dell’aspetto geologico.
Visiteremo anche le cascate del canale Straface, tra Amendolara e Castroregio, e quella di Montillo, sotto il bosco Spinazzeta di Terranova di Pollino.
Questo Quaderno lo proponiamo non solo ai Gruppi della Speleologia dell’Alto Jonio, ma soprattutto ai Sindaci, alla Comunità Montana, al Consorzio di bonifica, all’Amministrazione provinciale e alla Regione Calabria: non solo per prevenire gli incendi e per usufruire di uno
inestimabile bene forestale, ma anche per chiedere di sfoltire e di pulire il sottobosco; bisogna soprattutto ripristinare i vecchi sentieri che attraversavano queste distese boschive e che conducevano alle masserie, ai campi da seminare, ai mulini ad acqua, alle gualchiere, alle fornaci, alle calcare e ai frantoi oleari. C’è da rialzare o da eliminare le recinzioni (le chiudènne) di ferro-
spinato effettuate dal Consorzio di bonifica tra gli anni 70-80: le chiudènne, ormai rovesciate per terra e intricate con i cespugli, potrebbero essere pericolose per la selvaggina, per i cercatori di funghi, per i cacciatori e per gli escursionisti.

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L’Associazione “I ragazzi di San Lorenzo Bellizzi”, in collaborazione con l’Associazione “I briganti del 4x4” e con le Amministrazioni comunali di San Lorenzo Bellizzi, Cerchiara di Calabria, Alessandria del Carretto e Terranova del Pollino, intende celebrare – dal 15 al 18 agosto 2012 – ripercorrendo i sentieri del Parco nazionale del Pollino percorsi dai briganti fra il 1860 e il 1865 – i 151 anni dell’unità d’Italia. L’Associazione non vuole mettere in discussione l’unità e l’esistenza dello stato nazionale, ma piuttosto avviare una riflessione sul modo in cui quel tipo di unità si è realizzata e sulle conseguenze che ne sono risultate e ne risultano per l’economia e la società del sud del paese.
Mentre sono in molti a ricordare i nomi dei briganti, pochi sono quelli che ricordano i nomi di coloro che li hanno combattuti. Romanzieri e poeti, pittori e cantastorie, registi cinematografici e televisivi ne tramandano un’immagine diversa da quella impressa nelle carte giudiziarie, della polizia, nelle pagine di cronaca. Tracce dei briganti sono tra boschi, foreste, vallate e sentieri di montagna, grotte, caverne, guadi e valichi. I briganti sono aiutati dai contadini che li alimentano, da miti e leggende senza i quali il loro ricordo non sarebbe arrivato a noi, conoscono bene i luoghi dove agiscono perché vi sono nati e per comprenderne l’origine bisogna conoscere la storia locale, l’economia, le tradizioni, i costumi. Il fenomeno del brigantaggio non è solo della Calabria e della Basilicata, ma riguarda anche Puglia, Sicilia, Abruzzo, Molise, Lazio, Veneto, Liguria, Piemonte, Toscana, Emilia-Romagna e, fra il XVI e il XVIII secolo, Spagna, Germania, Gran Bretagna, Francia, Russia.


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